Avevo solo quindici anni.
Quindici anni e tutta la gioia di aspettare un nipotino, il secondo, che presto sarebbe nato.
La prima non avevo potuto viverla perchè mio fratello, suo padre, abitava a milleventuno chilometri di distanza da casa mia.
1021, almeno così scrivevamo sul biglietto chilometrico dei figli dei dipendenti delle ferrovie ogni volta che percorrevamo il tratto Bari - Novara.
1021, almeno così scrivevamo sul biglietto chilometrico dei figli dei dipendenti delle ferrovie ogni volta che percorrevamo il tratto Bari - Novara.
Il figlio di mia sorella invece avrebbe abitato a soli 125 km.
Magari gli avrei cambiato il pannolino, lo avrei tenuto in braccio, saremmo andati insieme al mare.
Ricordo che mancava ancora qualche mese e accompagnai mia sorella ad una visita all'ospedale di Mesagne.
Io aspettavo in corridoio, lei non ricordo se fosse con me o nello studio del medico.
All'improvviso si aprì l'ascensore e comparve un uomo che reggeva sulle spalle una piccola bara bianca.
Quella visione mi lasciò disorientata per molto tempo.
Continuavo a pensarci. Cosa era successo in quell'ospedale? Quale mamma stava piangendo il suo bambino e perchè?
Mi tornava quell'immagine alla mente come un terribile presagio.
Mi tornava quell'immagine alla mente come un terribile presagio.
Ricordo ancora che accarezzavo il pancione enorme di mia sorella e mi stupivo delle onde incredibili che si formavano per i movimenti del piccolo Andrea.
Era divertente e magico, sentire la vita, averne percezione così per la prima volta.
Ricordo infine che eravamo al mare, il mare di Chiatona, sempre lo stesso.
E confondo, non so se mia madre era con noi e ricevette la notizia o se fu lei a chiamarci dall'ospedale perchè si trovava già lì.
Andrea non c'era più.
"Così bello, io l'ho visto, grande, bellissimo", continuava a ripetere a chi voleva sapere com'era potuto accadere.
Andrea è morto nell'agosto del 1986, quando bussava alla vita prepotente.
Un errore medico a quanto pare.
Un parto scambiato per una colica. Forse troppi medici in ferie in quel periodo.
Forse non un caso isolato ma una realtà ospedaliera non adeguata.
Andrea rivive oggi nelle pagine del romanzo che sua mamma ha scritto, mescolando i suoi ricordi con le parole della Fallaci tratte da "Lettera ad un bambino mai nato."
Un libro quest'ultimo, che ha segnato la sua adolescenza. Quasi un altro presagio.
Sono certa che valga sempre la pena immergersi nelle parole di una donna che ha vissuto e sofferto.
Una donna come tante.
Una donna come tante.
Non vorrei sembrare scontata e banale, ma faccio i miei complimenti a lei, che è riuscita a pubblicare un libro "sentito".
RispondiEliminaCredo ci voglia una grande forza, un grande coraggio, sia per andare avanti, sia per riuscire a mettere nero su bianco un dolore così.
La vita va avanti ed è più forte sempre, nonostante tutto.
Un abbraccio a te! :))
Quando l'amore infinito ci vive dentro, riusciamo a scriverlo ed a descriverlo sempre e nel per sempre, perchè é il solo nostro sano nutrimento.
RispondiEliminaComplimenti!
Anche il suo nome d'arte non è che l'anagramma di Andrea. Lo grida ai 4 venti da sempre il suo dolore per quella perdita. E forse, scriverne, è stato decisamente catartico. Complimenti, siete tutti dei bravi ragazzi in famiglia ;-)
RispondiEliminaLa prima occasione che avrò di andare in libreria, comprerò questo libro. Grazie per la segnalazione, mi hanno sempre affascinata i racconti di vita "vera "
RispondiEliminaGrazie cara amica.
Asia
Non so se potrei riprendermi dal dolore per la perdita di un figlio, so però del dolore che si prova ad avere un figlio e un fratello disabile....dolori che rendono grandi le donne che riescono a superarli e addirittura a scriverne.
RispondiEliminaTi abbraccio
Chiara
ALMA
RispondiEliminaCi vuole coraggio e forza di volontà e umiltà credo. La mia paura più grande è sopravvivere a uno dei miei figli. La vita va avanti, ho due nipoti che ormai sono adulti. Grazie cara :*
COSIMO
RispondiEliminaMia figlia che ha cinque anni ieri mi ha detto una cosa che credo le sia venuta proprio spontanea perchè è dentro ciascuno di noi.
Ha detto: "Mamma cantiamo, perchè il più bel canto è l'amore."
Grazie del commento e benvenuto.
LYRIC
RispondiEliminaHa già pubblicato altri due libri con questo pseudonimo ed è proprio come tu dici, un anagramma. Mi ha detto "Preparati perchè questo è il libro più triste che abbia mai scritto." Io credo le abbia fatto bene. E spero che la storia di Andrea venga letta da tanti, perchè certe cose non dovrebbero succedere. :*
ASIA
RispondiEliminaE' prevista una prossima pubblicazione con Feltrinelli ma non ti so dire i tempi. Al momento il libro è acquistabile soltanto in internet a questo link . Ti ringrazio Asia, sei sempre molto gentile :*
CHIARA
RispondiEliminaCredo che l'amore ci faccia grandi e la sofferenza è sicuramente un terribile modo per avere consapevolezza dell'amore che portiamo infinito dentro di noi. Ricambio l'abbraccio, grazie.
non so se farti i complimenti per la tua bellissima famiglia o dirti che mi sento dispiaciuta per quello che è successo. Adesso apro il link che hai lasciato ad Asia. TI ABBRACCIO. :*
RispondiEliminaAH MA ANCHE IL TITOLO IN ROSSO è UN LINK! (L'HO SCRITTO PER CHI NON SE NE FOSSE ACCORTO...come me....:D
RispondiEliminaSCHEGGIE
RispondiEliminaGrazie :***
Che dire... mi avete commosso tutti. Una donna come tante è sicuramente il libro più triste che io abbi mai scritto e Adrena è sicuramente l'anagramma di Andrea come qualcuno ha presupposto. Grazie di cuore, Adrena
RispondiEliminaADRENA
RispondiEliminaE' più facile piangere che ridere, è più facile che la vita ci metta alla prova. Ma è la vita, ed è bella nonostante tutto. Ti abbraccio.
Ti rispondo con uno stralcio (pag 77)
RispondiEliminaCi sono giorni in cui la vita è invivibile; i perché sono seguiti dai se e i se da dubbi atroci. Sono quei giorni in cui ti sembra addirittura impossibile che possano esistere sofferenze peggiori, dove la speranza e il coraggio vengono a mancare, dove vorresti addormentarti per l’ultima volta per non svegliarti più. E ti ritrovi nuovamente in un pozzo profondo pensando che l’ultima volta non saresti potuta andare oltre e invece… ti rigiri e vai sotto la melma, l’ingoi e soffochi dentro.
Smarrita e senza forze per la consapevolezza dei suoi limiti, Stella doveva necessariamente proseguire il suo cammino.
Doveva trovare la pace del suo spirito, quella pace totale, profonda, troppo preziosa per dover rischiare di perderla fermandosi prima del tempo giusto.
Quando si comincia una cosa, si deve condurla a termine, anche se, a volte, non se ne comprendono le ragioni. È difficile dare una spiegazione alla mia decisione di continuare il viaggio, ma un motivo dovrà pur esserci. Seppur mi sento smarrita di fronte ai potenti colpi di vento, alle ondate gigantesche, alle nuvole gravide di pioggia che mi rincorrono, seppur avverto tristezza e sconforto, so che devo continuare. Voglio trovare la forza di urlare la mia gioia di vivere mentre contemplo il cielo che all’alba va a rischiararsi sul mare. Quel mare colossale che cerca di annientarmi.
Mia cara sorellina, ti ho riportato questo stralcio perchè concordo appieno con te. Sì, la vita val la pena di essere vissuta e le esperienze negative servono necessariamente a godere di quelle positive.
Adrena
ADRENA
RispondiEliminaConosco quei giorni e so che ne conoscerò altri. Ma ogni singolo giorno è prezioso perchè non tornerà, bisogna cercare di non dimenticarselo mai. Grazie, bacioni!
Che belle che siete....:-)))Mag
RispondiEliminaAdrena scrive: Il tempo era bruttissimo ieri a Brindisi, persino la parabola ha fatto un po' di capricci... Per quel che mi riguarda, invece, dietro l'apparente calma avevo il cuore che batteva a mille e una grande emozione che mi ha fatto diventare dislessica! Va bè... questa è l'intervista di studio 100.
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=yHVWj8drwi4