La domanda che mi viene fatta più frequentemente quando qualcuno visita la mia nuova casa è : "Ma non ti dà fastidio il rumore dei treni?"
Lo stesso agente immobiliare che me la mostrò, disse con convinzione, quasi a volermi scoraggiare: "Guardi sarò sincera, i problemi qui sono due, il riscaldamento centralizzato e soprattutto questo ..."
Dopo un attimo di suspense, tirò su la serranda usurata dal tempo, spalancò la finestra e mi invitò ad affacciarmi per guardare il binario che, dall'altezza di un secondo piano, pare essere proprio a portata di mano.
No, non mi dà fastidio il treno.
Sa di giri in bicicletta dal cortile di casa all'ufficio di mio padre, attraversare tutto il deposito locomotive, arrivare all'ingresso e fermarsi davanti al grande acquario, restare incantati a guardare pesci fosforescenti e piccolissimi.
Ha il gusto di cono alla panna e cioccolato, quello della macchinetta con la leva, che il mio papà ci offriva ogni volta che andavamo a trovarlo al lavoro. Il bar si trovava di fronte all'ufficio e noi, applicando le regole che lui stesso ci aveva insegnato da bravo ferroviere, guardavamo con attenzione i semafori e attraversavamo i cinque o sei binari che ci separavano dal gelato.
Ha il profumo di mamma che torna a Chiatona dopo una giornata di lavoro a Bari, lo sento: noi ancora in costume da bagno, siamo saliti sulla scaletta improvvisata di pietre, abbiamo saltato la staccionata e aspettiamo che sia lei stavolta ad attraversare i binari per venirci incontro.
Ha il tempo dell'attesa, di lunghe fermate al passaggio a livello di via Brigata Bari, sostituito negli anni da un sottopassaggio.
Ha il colore della divisa di mia sorella, una delle prime donne conduttore, bigliettaio si diceva, e dei sacrifici che deve affrontare ogni donna ancora oggi quando vuole intraprendere un lavoro per lo più maschile.
Sa di emozione, quella che ci prendeva noi tre piccoli nei lunghi viaggi notturni verso il nord e abbassare i sedili dello scompartimento per fare un lettone gigantesco e non voler dormire e al mattino guardare la neve piemontese come ovatta di un mondo fatato. Aver paura che papà, sceso a Bologna per prendere dell'acqua, non riesca a risalire in tempo e ossessionare la mamma con le mie ansie sciocche.
Ha il senso della sfida, tutte le volte che dicevo a mio padre che quel nostro biglietto chilometrico gratuito era un'ingiustizia sociale ed un privilegio e io avrei preferito non usufruirne. Ma lui mi invitava a compilarlo.
Ha il rumore del vetro dell'officina del deposito, rotto da un pallone lanciato da mio fratello e la vivacità delle corse, dei salti per centrare con la palla l'anello di protezione del grande faro usato come un canestro.
Ha la dolcezza dell'amicizia, quella con la vicina di pianerottolo, cercare una pietra che scrive, disegnare la griglia con i numeri, giocare a campana o utilizzare foglie come scialuppe di salvataggio per piccoli insetti incautamente caduti nella grande vasca per i pesci.
Ha lo sguardo di meraviglia, lo stesso che ho io tutte le volte che da nord vado a sud e nel silenzio e chiarore dell'alba rivedo uliveti e mare, fichi d'india e muretti; lo stesso che ho io tutte le volte che da sud torno a nord e l'alba è scura e fitta di nebbia e si intravedono torrenti e fiumi e campagne circondate da alberi dritti e spogli. E resto lì, al finestrino, pensando a come la notte mi ha trasportato, senza che me ne sia accorta, in un altro mondo.
Ha lo sguardo di meraviglia, lo stesso che ho io tutte le volte che da nord vado a sud e nel silenzio e chiarore dell'alba rivedo uliveti e mare, fichi d'india e muretti; lo stesso che ho io tutte le volte che da sud torno a nord e l'alba è scura e fitta di nebbia e si intravedono torrenti e fiumi e campagne circondate da alberi dritti e spogli. E resto lì, al finestrino, pensando a come la notte mi ha trasportato, senza che me ne sia accorta, in un altro mondo.
Sa di passione e d'amore, di viaggi settimanali per raggiungere mio marito a Brindisi, di altri meno frequenti quando quindicenne andavo tutta sola a trovare mia sorella a Roma, il conduttore guardava il biglietto e, leggendo il cognome, diceva: "Per caso è la figlia di don Angelo? Me lo saluti tanto suo papà, è davvero una brava persona."
Un viaggio in treno è come la vita, c'è tempo per arrivare, persone che salgono, che scendono, chiacchiere interessanti ed altre a cui non presti attenzione, paesaggi che scorrono e non fai in tempo a coglierne i dettagli ed è un vero peccato, gente che ti aspetta felice in una qualche stazione, tristi addii.
No, non mi dà affatto fastidio il rumore del treno.
Mi fa ritrovare una parte importante di me.