lunedì 31 gennaio 2011

DALLA FINESTRA DI CASA


La domanda che mi viene fatta più frequentemente quando qualcuno visita la mia nuova casa è : "Ma non ti dà fastidio il rumore dei treni?"
Lo stesso agente immobiliare che me la mostrò, disse con convinzione, quasi a volermi scoraggiare: "Guardi sarò sincera, i problemi qui sono due, il riscaldamento centralizzato e soprattutto questo ..."
Dopo un attimo di suspense, tirò su la serranda usurata dal tempo, spalancò la finestra e mi invitò ad affacciarmi per guardare il binario che, dall'altezza di un secondo piano, pare essere proprio a portata di mano.

No, non mi dà fastidio il treno.
Sa di giri in bicicletta dal cortile di casa all'ufficio di mio padre, attraversare tutto il deposito locomotive, arrivare all'ingresso e fermarsi davanti al grande acquario, restare incantati a guardare pesci fosforescenti e piccolissimi.
Ha il gusto di cono alla panna e cioccolato, quello della macchinetta con la leva, che il mio papà ci offriva ogni volta che andavamo a trovarlo al lavoro. Il bar si trovava di fronte all'ufficio e noi, applicando le regole che lui stesso ci aveva insegnato da bravo ferroviere, guardavamo con attenzione i semafori e attraversavamo i cinque o sei binari che ci separavano dal gelato.
Ha il profumo di mamma che torna a Chiatona dopo una giornata di lavoro a Bari, lo sento: noi ancora in costume da bagno, siamo saliti sulla scaletta improvvisata di pietre, abbiamo saltato la staccionata e aspettiamo che sia lei stavolta ad attraversare i binari per venirci incontro.
Ha il tempo dell'attesa, di lunghe fermate al passaggio a livello di via Brigata Bari, sostituito negli anni da un sottopassaggio.
Ha il colore della divisa di mia sorella, una delle prime donne conduttore, bigliettaio si diceva, e dei sacrifici che deve affrontare ogni donna ancora oggi quando vuole intraprendere un lavoro per lo più maschile.
Sa di emozione, quella che ci prendeva noi tre piccoli nei lunghi viaggi notturni verso il nord e abbassare i sedili dello scompartimento per fare un lettone gigantesco e non voler dormire e al mattino guardare la neve piemontese come ovatta di un mondo fatato. Aver paura che papà, sceso a Bologna per prendere dell'acqua, non riesca a risalire in tempo e ossessionare la mamma con le mie ansie sciocche.
Ha il senso della sfida, tutte le volte che dicevo a mio padre che quel nostro biglietto chilometrico gratuito era un'ingiustizia sociale ed un privilegio e io avrei preferito non usufruirne. Ma lui mi invitava a compilarlo.
Ha il rumore del vetro dell'officina del deposito, rotto da un pallone lanciato da mio fratello e la vivacità delle corse, dei salti per centrare con la palla l'anello di protezione del grande faro usato come un canestro.
Ha la dolcezza dell'amicizia, quella con la vicina di pianerottolo, cercare una pietra che scrive, disegnare la griglia con i numeri, giocare a campana o utilizzare foglie come scialuppe di salvataggio per piccoli insetti incautamente caduti nella grande vasca per i pesci.
Ha lo sguardo di meraviglia, lo stesso che ho io tutte le volte che da nord vado a sud e nel silenzio e chiarore dell'alba rivedo uliveti e mare, fichi d'india e muretti; lo stesso che ho io tutte le volte che da sud torno a nord e l'alba è scura e fitta di nebbia e si intravedono torrenti e fiumi e campagne circondate da alberi dritti e spogli. E resto lì, al finestrino, pensando a come la notte mi ha trasportato, senza che me ne sia accorta, in un altro mondo.
Sa di passione e d'amore, di viaggi settimanali per raggiungere mio marito a Brindisi, di altri meno frequenti quando quindicenne andavo tutta sola a trovare mia sorella a Roma, il conduttore guardava il biglietto e, leggendo il cognome, diceva: "Per caso è la figlia di don Angelo? Me lo saluti tanto suo papà, è davvero una brava persona."

Un viaggio in treno è come la vita, c'è tempo per arrivare, persone che salgono, che scendono, chiacchiere interessanti ed altre a cui non presti attenzione, paesaggi che scorrono e non fai in tempo a coglierne i dettagli ed è un vero peccato, gente che ti aspetta felice in una qualche stazione, tristi addii.
No, non mi dà affatto fastidio il rumore del treno. 
Mi fa ritrovare una parte importante di me.

giovedì 27 gennaio 2011

E SON SODDISFAZIONI


Chissà se qualcuno di voi la ricorda.
La cassapanca da corredo di mia nonna.

Era così

tinta con diversi strati di acrilico bordeaux e decorata con degli stickers verde bosco e nero.
Dopo mesi di duro lavoro è diventata un bel tavolino etnico - antico.
Ne è valsa la pena.
Chissà cosa penserebbe mia nonna.

martedì 25 gennaio 2011

PAURE

Quando un figlio è malato, e per di più ti ritrovi a gestire la situazione da sola, fai mille pensieri.
Dovevo portarlo prima dal pediatra.
Devo assolutamente farlo visitare da qualcun altro, meglio avere un secondo parere.
E se non riesco a far scendere la febbre che è quasi arrivata a 40?
E se la febbre così alta provoca complicazioni?
Avrò fatto il possibile e l'impossibile? Ma sarà davvero solo l'influenza?
Ti ritrovi a spiare ogni respiro, ogni variazione sul corpo; di notte, perfino il segno del cuscino sul viso può sembrare segnale di un peggioramento.
Misuri la temperatura ogni mezz'ora anche se sai bene che qualsiasi farmaco non agirà prima di un'ora.
Accendi e spegni la luce per osservare meglio, ti armi di pazienza perchè devi costringere tua figlia ad un bagno notturno e sai che non gradirà.
Inventi improbabili storie di sirene raffreddate dei mari del Nord e di fate che raccolgono l'acqua dell'alta marea attorno a Mont Saint Michel per farne bombolette miracolose di spray nasale che nessun bambino vuole utilizzare.
Quando finalmente è giorno e tutto si ridimensiona, arrivano i soccorsi per mano amica.
Hanno forma di brioches e antibiotico e tu ringrazi il cielo per averti donato persone così gentili e care.
Il termometro ti invita a riprendere fiato ma ti chiama un amico lontano e ti racconta che sua figlia ha avuto una malattia rara, scambiata per scarlattina, ha rischiato di morire e ancora non si può stare tranquilli.
I pensieri, misti a preoccupazione e dispiacere, si confondono, ti attorcigliano lo stomaco.
L'aria si blocca a metà del petto.
Guardi tua figlia che finalmente dorme più serena e capisci cosa davvero conta.

venerdì 21 gennaio 2011

VOCAZIONI


Un anno e mezzo di meditazione yoga e finalmente ho capito qual è la mia vera vocazione.
Approfittando di cinque giorni di clausura, causa influenza stagionale che ha colpito i pupi e che tra le altre cose li ha resi del tutto inappetenti, mi sono nutrita quasi esclusivamente di boursault, noci e pane tostato spalmato di miele.
Ho potuto gustare in pace la morbida cremosità, il gusto acidulo del latte di capra, aspirare quella che per gli altri componenti della mia famiglia è una puzza insopportabile e per me un odore paradisiaco.
Potrei mangiarne ogni giorno almeno due forme. 
Se non è vocazione questa!

mercoledì 19 gennaio 2011

DICHIARAZIONE


Tu che nel fine settimana ciondoli tra un divano ed un altro, transitando anche per il letto; tra le mani un libro di inglese, di storia o di psicologia. 
Poi prepari un tè e mi prendi di spalle per darmi un bacio.

Tu che ti hanno laureato ingegnere elettrotecnico ed il corto circuito dovevi farlo proprio quando ti ho chiesto un favore per un'amica. 
Ma hai smontato e ripulito l'aspirapolvere ed ora è come nuovo.

Tu che sei convinto di aver ragione e ti lamenti perchè voglio averla sempre io. 
Non è che voglio, è che di solito HO RAGIONE! Di solito, va bene, e che è!

Tu che lasciavi sempre l'anta del guardaroba all'ingresso aperta, facendomi innervosire. 
Nella nuova casa ho preso un appendiabiti a parete per non doverla chiudere al posto tuo.
In compenso ora mi tocca spolverare. 

Tu che dici: "Ti ricordi Alessandro e Paola?" e io non so di chi parli fin quando non capisco che ti riferisci ad Alberto e Patrizia. In fondo cosa importa un nome, non è un problema di memoria: ciò che conta è l'affetto.

Tu che non ci sei mai stato quando servivi ma ora ci sei di più.

Tu che hai un'amante sola: il tuo tapis roulant. Moglie fortunata perchè non devo più sentire i vostri mormorii. Dal box non arrivano fino al secondo piano.

Tu che ti venderesti per tua figlia e pensi che tuo figlio abbia sempre torto. Ma daresti la vita per entrambi.

Tu che sei e resterai sempre un mistero per me perchè parli così poco. D'altronde il silenzio è d'oro ... ammazza però che noia la ricchezza!

Tu che non vorresti mai ospiti e quando vanno via mi ringrazi per la bella serata.

Tu che c'è sempre qualche amica troppo sincera che non trattiene i complimenti sul tuo aspetto. 
Odio la sincerità, ma mi piace molto il tuo aspetto.

Tu ... ehi tu, dico a te. Non voglio vivere senza di te. Ma non domandarmi mai perchè.

lunedì 17 gennaio 2011

UNA DONNA COME TANTE


Avevo solo quindici anni.
Quindici anni e tutta la gioia di aspettare un nipotino, il secondo, che presto sarebbe nato.
La prima non avevo potuto viverla perchè mio fratello, suo padre, abitava a milleventuno chilometri di distanza da casa mia. 
1021, almeno così scrivevamo sul biglietto chilometrico dei figli dei dipendenti delle ferrovie ogni volta che percorrevamo il tratto Bari - Novara.
Il figlio di mia sorella invece avrebbe abitato a soli 125 km.
Magari gli avrei cambiato il pannolino, lo avrei tenuto in braccio, saremmo andati insieme al mare.

Ricordo che mancava ancora qualche mese e accompagnai mia sorella ad una visita all'ospedale di Mesagne.
Io aspettavo in corridoio, lei non ricordo se fosse con me o nello studio del medico.
All'improvviso si aprì l'ascensore e comparve un uomo che reggeva sulle spalle una piccola bara bianca.
Quella visione mi lasciò disorientata per molto tempo.
Continuavo a pensarci. Cosa era successo in quell'ospedale? Quale mamma stava piangendo il suo bambino e perchè? 
Mi tornava quell'immagine alla mente come un terribile presagio.

Ricordo ancora che accarezzavo il pancione enorme di mia sorella e mi stupivo delle onde incredibili che si formavano per i movimenti del piccolo Andrea.
Era divertente e magico, sentire la vita, averne percezione così per la prima volta.

Ricordo infine che eravamo al mare, il mare di Chiatona, sempre lo stesso.
E confondo, non so se mia madre era con noi e ricevette la notizia o se fu lei a chiamarci dall'ospedale perchè si trovava già lì.
Andrea non c'era più.
"Così bello, io l'ho visto, grande, bellissimo", continuava a ripetere a chi voleva sapere com'era potuto accadere.

Andrea è morto nell'agosto del 1986, quando bussava alla vita prepotente.
Un errore medico a quanto pare.
Un parto scambiato per una colica. Forse troppi medici in ferie in quel periodo.
Forse non un caso isolato ma una realtà ospedaliera non adeguata.

Andrea rivive oggi nelle pagine del romanzo che sua mamma ha scritto, mescolando i suoi ricordi con le parole della Fallaci tratte da "Lettera ad un bambino mai nato."
Un libro quest'ultimo, che ha segnato la sua adolescenza. Quasi un altro presagio.


Ho acquistato "Una donna come tante" e presto lo leggerò.
Sono certa che valga sempre la pena immergersi nelle parole di una donna che ha vissuto e sofferto. 
Una donna come tante.

mercoledì 12 gennaio 2011

APPUNTI DAL MANUALE DEL PERFETTO TRASLOCATORE

Quand'ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte.
Ma io sono sempre riuscito a trovarli.
Woody Allen

Regola numero uno:
Se potete, evitate di traslocare.
Se non potete, evitate di farlo ogni diciotto mesi. Invecchierete senza rendervene conto.

Regola numero due:
Un trasloco è fonte di grave danno ambientale.
Decine di alberi saranno abbattuti per realizzare gli imballaggi necessari al vostro trasloco.
Pensateci!

Regola numero tre:
Quando, prese dall'entusiasmo e dall'emozione del momento, componete la vostra lista nozze, ricordate: un giorno potreste traslocare!
Inseriteci solo l'essenziale e dopo rileggetela con calma per eliminare anche quello che vi sembra indispensabile.
Ogni singolo piatto, bicchiere, tazzina sarà incartato in metri di carta che dovrete srotolare con attenzione e differenziare dagli altri rifiuti.

Regola numero quattro:
Se pensate di acquistare per la vostra nuova casa i mobili IKEA e siete convinti che montarli sia un gioco da ragazzi, non avete ancora provato l'ebbrezza della struttura Stolmen. Richiedete il servizio di montaggio per il vostro Stolmen, non ve ne pentirete.

Regola numero cinque:
La legge di Murphy è sempre valida. Se qualcosa può andare male, lo farà. 
Quindi rilassatevi, inutile pensare a tutto ciò che potrà accadere durante il vostro prossimo trasloco.

Regola numero sei:
La legge di Carla è sempre valida. Se qualcosa può andare male, con un pizzico di fortuna andrà meglio del previsto. 
Il frigorifero nuovissimo si ammaccherà soltanto in corrispondenza del compressore senza smettere di funzionare.
L'improvvisa impossibilità di riattivare il tapis roulant sarà dovuta solo ad un parziale montaggio delle parti interne e non alla brutale caduta durante il trasporto, e la vostra cenetta romantica in pizzeria non sarà annullata causa ira funesta di vostro marito.
I calici da champagne saranno (purtroppo) tutti integri ma in compenso vi toccherà ricomprare un centinaio di mollette da bucato, un paio di cicciobello e una decina di gormiti. Tutte cose misteriosamente scomparse durante il trasloco.

Regola numero sette:
Non date retta a mio padre. Pagare per far lavorare gli altri al posto vostro non è uno spreco di danaro, ma un metodo per preservare la salute fisica e mentale. 
Se potete, pagate per il servizio completo di imballaggio.
Se non potete, spargete in giro la voce che è il vostro compleanno e state organizzando un super mega party.
Come regalo chiedete agli invitati di preparare almeno uno scatolone con le vostre suppellettili.

Regola numero otto:
Non traslocate mai durante le vacanze, ma programmate una vacanza dopo un trasloco!

E anche questa volta ce l'abbiamo fatta.