Saranno venti anni che sento ripetere da mio padre che non gli resta molto tempo davanti.
E invece qualche giorno fa ne ha compiuti novanta di anni.
Circondato da quasi tutta la famiglia accorsa da ogni parte d'Italia per festeggiarlo.
Mancavano solo un paio di nipoti e una nuora.
Una figlia che lo avrà guardato ed accarezzato di certo dal cielo.
E' stato bello.
Troppi piatti, troppi bicchieri, troppe posate e troppo cibo.
Era commovente l'ansia di mia madre affinchè fosse tutto perfetto.
Quel suo volermi mandare a comprare delle olive e delle mozzarelle (mi sono rifiutata) casomai il pranzo del catering non fosse stato sufficiente.
Sarebbe stato sufficiente a sfamare anche un esercito.
E in fondo lo siamo stati un piccolo esercito, compatti attorno al giovanotto che mi è sembrato più stanco e confuso del solito, ma felice.
Ancora un calibro in regalo, questa volta al nipote anzichè al genero.
Un vecchio calibro arruginito ma ancora funzionante, come il mio papà.
Che ha visto gli anni della gioventù, quelli della scuola di avviamento, quelli del lavoro all'arsenale come avvolgitore di motorini elettrici.
Quegli anni di cui uno stralcio ho dovuto leggere alla presenza di tutti perchè lui ha voluto così.
Gli anni del cane da caccia Otello, della neve di Bologna in cui si affondava, del mare di Gallipoli.
Tutti gli anni, novanta, della vita di mio padre così ricca di soddisfazioni, così dura.
Come la vita di tutti, ma diversa per ciascuno.
Sono contenta di farne parte.
Auguri papà.